Il nostro Paese, con i suoi 59 milioni di abitanti, dato 2024, si conferma tra i primi paesi per importanza demografica, dopo Germania (84 milioni) e Francia (68 milioni) l’Italia risulta essere il 13,2 per cento dei 449 milioni di abitanti dell’Unione europea (UE).
Oltre un terzo dei residenti è concentrato in sole tre regioni: Lombardia, Lazio e Campania.
Nel 2023 in Italia il lieve calo della popolazione (-0,4 per mille rispetto all’anno precedente) è frutto di una dinamica naturale, caratterizzata da un eccesso dei decessi sulle nascite, in larga parte compensata da una dinamica migratoria e dai movimenti migratori con l’estero di segno positivo.
Il decremento demografico interessa quasi esclusivamente il Mezzogiorno (-0,4 per cento) e, in misura minore, il Centro (-0,1 per cento). In netta controtendenza, si registra invece un aumento della popolazione nel Nord (+0,2 per cento), riconducibile a una dinamica migratoria decisamente positiva.
Tra gli spostamenti interni dei residenti, uno su tre interessa la direttrice dei flussi che dal Mezzogiorno si dirige verso il Centro-nord. Su tutti l’Emilia-Romagna e la Provincia autonoma di Trento evidenziano i tassi migratori interregionali più elevati, la Basilicata e la Calabria i più bassi.
Non si ferma la crescita dell’indice di vecchiaia che, al 1° gennaio 2024, raggiunge quota 199,8 (anziani ogni cento giovani), con un aumento di quasi 7 punti percentuali rispetto al 2023.
Tra le regioni, la Liguria e la Sardegna detengono i valori più elevati, mentre la Campania e la Provincia autonoma di Bolzano i valori più bassi.
Nell’Unione europea, l’Italia è il paese con il più alto indice di vecchiaia.
Al 1° gennaio 2024 si registra un lieve incremento dell’indice di dipendenza, ( cioè persone in età ancora non lavorativa, per ogni cento che lavorano).
Tra il 2023 e il 2024 si registra una situazione di stabilità o di leggero decremento dell’indice di dipendenza, a eccezione del Mezzogiorno. A livello regionale, l’incremento più significativo dell’indice di dipendenza si ha in Basilicata (+0,8) seguita da Sardegna (+0,7) e Calabria (+0,6), mentre le regioni con il maggior decremento sono Liguria, Lombardia ed Emilia-Romagna. Dal 2004 l’indice di dipendenza in Italia è aumentato complessivamente (+7,6 punti percentuali), a conferma della maggiore presenza di uno squilibrio tra le generazioni.
In ambito UE, l’Italia fa parte del gruppo dei paesi con indice di dipendenza più elevato della media europea (56,7).
Nel 2024, la speranza di vita alla nascita della popolazione residente italiana è di 81,4 anni per i maschi e di 85,5 per le femmine. Si vive mediamente più a lungo nel Nord, soprattutto in Trentino-Alto Adige, in testa con un valore per le femmine pari a 86,7 e per i maschi pari a 82,7.
Il valore minimo della speranza di vita si ha in Campania, sia per i maschi (79,7 anni) sia per le femmine (83,8 anni).
L’Italia è tra i paesi europei con la speranza di vita alla nascita più elevata.
Nel 2023 il numero medio di figli per donna è pari a 1,20 (1,24 nel 2022), valore di gran lunga inferiore alla soglia minima per garantire il ricambio generazionale (circa 2,1 figli). Nella graduatoria europea, l’Italia è tra i paesi dell’UE a più bassa fecondità.
Condizioni economiche delle famiglie
Nel 2022 il reddito familiare netto medio annuo è di 35.995 euro, ma essendo la distribuzione dei redditi asimmetrica, la metà delle famiglie non supera i 28.865 euro. Le regioni con una concentrazione della distribuzione dei redditi più alta sono Calabria e Sicilia, mentre una maggiore omogeneità nella distribuzione si registra per Marche e Molise.
Nel 2023, in Calabria le persone che vivono in famiglie in condizione di grave deprivazione materiale e sociale sono oltre 380 mila, pari al 20,7 per cento della popolazione residente.
Nel Mezzogiorno il 9,8 per cento della popolazione residente vive in condizione di grave deprivazione. Nel 2023 in Italia sono risultate in condizione di povertà assoluta circa 2,2 milioni di famiglie, per un totale di quasi 5,7 milioni di persone (9,7 per cento).
Gli stranieri in povertà assoluta sono oltre 1,7 milioni, con un’incidenza della povertà assoluta tra gli stranieri pari al 35,1 per cento, valore quattro volte e mezzo superiore a quello degli italiani (7,4 per cento).
Nel 2023 in Italia sono in condizione di povertà relativa oltre 2,8 milioni di famiglie (10,6 per cento del totale delle famiglie residenti), per un totale di 8,4 milioni di persone.
Le regioni che registrano i valori più elevati dell’incidenza della povertà relativa familiare sono: Calabria (26,8 per cento), Puglia (22,3 per cento) e Campania (21,2 per cento); mentre Trentino-Alto Adige/Südtirol (4,9 per cento), Toscana (5,0 per cento) e Veneto (5,2 per cento) presentano i valori più bassi.
Stranieri In Italia:
Al 1° gennaio 2024 risiedono circa 5,3 milioni di cittadini stranieri, comunitari e non comunitari, che rappresentano l’8,9 per cento del totale della popolazione residente. L’83,2 per cento dei cittadini stranieri residenti in Italia si concentra nel Centro-nord. La regione con la più alta percentuale di popolazione straniera residente è l’Emilia-Romagna, mentre in valore assoluto è la Lombardia a detenere il maggior numero di residenti stranieri (oltre 1,2 milioni di individui).
In Italia al 1° gennaio 2024 sono regolarmente presenti oltre 3,6 milioni di cittadini non comunitari. Le motivazioni prevalenti dei nuovi ingressi sono i ricongiungimenti familiari e le richieste di asilo e protezione internazionale, seguite dai motivi di lavoro. L’83,9 per cento dei cittadini non comunitari regolarmente presenti ha un permesso rilasciato o rinnovato nel Centro-nord, che scende al 16,1 per cento nel Mezzogiorno.
La diminuzione dei nuovi flussi di ingresso ha riguardato soprattutto il Sud (-30,5 per cento) e il Nord-est (-29,8 per cento).
Nel 2024 il tasso di occupazione degli stranieri di età compresa tra i 20 e i 64 anni è pari al 66,2 per cento, in aumento, ma risulta comunque inferiore a quello degli italiani (67,2 per cento).
Nel 2024 il tasso di disoccupazione scende al 6,1 per cento tra gli italiani e al 10,1 per cento tra gli stranieri.
SALUTE E WELFARE
Sanità e salute
Nel 2022 in Italia la spesa sanitaria pubblica è stata di gran lunga inferiore rispetto a quella di altri paesi europei. La spesa sanitaria pubblica corrente dell’Italia ammonta a 130,386 miliardi di euro (6,7 per cento del Pil), 2.212 euro annui per abitante.
A parità di potere di acquisto, a fronte di 3.526 dollari per abitante spesi in Italia nel 2022, la Repubblica Ceca ne spende circa 3.947; la Finlandia si attesta intorno ai 4.661 dollari per abitante; Belgio, Irlanda, Danimarca e Francia superano i 5 mila dollari per abitante; Austria e Lussemburgo sfiorano i 6 mila dollari per abitante; Paesi Bassi e Svezia superano di poco i 6 mila dollari di spesa, mentre la Germania, con i suoi 7.403 dollari per abitante, si conferma al primo posto in Europa per spesa pro capite.
L’Italia si colloca al quinto posto tra i paesi UE per contributo delle famiglie alla spesa sanitaria privata, preceduta da Grecia, Portogallo, Ungheria e Slovenia. Nel 2022 in Italia l’assistenza ospedaliera si è avvalsa di 996 istituti di cura pubblici e privati accreditati con il Servizio sanitario nazionale (SSN).
I posti letto ospedalieri sono pari a 3,0 per mille abitanti. Si conferma un divario tra le aree geografiche del Paese: il Mezzogiorno con 2,7 posti letto ogni mille abitanti, Nord-ovest e Nord-est con 3,2 posti letto per mille abitanti.
I valori più bassi si registrano in Campania e Calabria (rispettivamente 2,5 e 2,6).
I valori più alti si osservano nella Provincia autonoma di Trento (3,6) e in Emilia-Romagna (3,5).
Le regioni che risultano più attrattive, ossia con un’immigrazione ospedaliera di entità maggiore dell’emigrazione ospedaliera, sono principalmente nel Centro-nord. Si confermano quote più elevate di flussi in uscita principalmente nelle regioni del Centro-sud.
Protezione sociale:
Nel 2023 la spesa per la protezione sociale è pari al 28,9 per cento del Pil.
Dal 2019 al 2023 si osserva un lieve decremento. La spesa per prestazioni sociali è destinata prevalentemente alla funzione “vecchiaia” (50,8 per cento) e alla funzione “malattia” (22,1 per cento), seguite da: funzioni “superstiti” (8,4 per cento), “disoccupazione e altra esclusione sociale non altrove classificata” (7,8 per cento), “famiglia” (5,5 per cento) e “invalidità” (5,4 per cento).
Nel 2022 la spesa pro capite per la protezione sociale è pari a 10.074 euro annui, appena al di sopra della media UE (10.050 euro).
La spesa per la protezione sociale rapportata al Pil dell’Italia (29,7 per cento) supera la media UE (28,0 per cento).
( fonte ISTAT a cura di SPI CGIL Salerno)